Il quadro normativo relativo alla criptovaluta in Italia ha ancora molte incertezze, in particolare per quanto riguarda gli obblighi fiscali, oltre all'antiriciclaggio (AML) e agli obblighi finanziari e di trasparenza. Le autorità fiscali italiane hanno offerto alcune indicazioni, ma senza tatto sono molto lontane dal convincere.
Criptovalute come Bitcoin, mancano alcune caratteristiche chiave delle valute a corso legale, ad esempio, non sono fornite o emesse dalla banca centrale, non sono controllate o sorvegliate pubblicamente e, non hanno corso legale e non hanno valore liberatorio.
Ciò implica che, mentre un pagamento in dollari o in euro o in qualsiasi altra valuta fiat, deve essere accettato con la forza e inevitabilmente liberato da qualsiasi debito, nessuno è tenuto ad accettare un pagamento cripto.
Lo scambio e la determinazione del valore di una valuta digitale, al contrario, mantiene solo l'accordo e il potere negoziale o la volontà di tutti i soggetti che scelgono di scambiarlo e accettarlo volontariamente come metodo di pagamento.
Questo sottotono non è solo il risultato di preoccupazioni dottrinali, ma è stato anche confermato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (UE), che in una frase di importanza fondamentale ha riconosciuto che le criptovalute non sono paragonabili alle valute "legali / reali", ma devono essere considerato come solo mezzo di pagamento.
Inoltre, la legge italiana è associata a questo principio: la definizione di "criptovaluta" apportata dalle modifiche alla legislazione antiriciclaggio (legge 231/2007) denota che è:
"Una rappresentazione digitale del valore, non emessa da una banca centrale o da un'autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l'acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente."
Le valute digitali non possono essere assimilate e integrate in monete a corso legale e ciò ha conseguenze importanti a livello dell'applicazione della legislazione fiscale.
Sia pure le autorità fiscali italiane con due atti interpretativi - lo scopo della direzione generale per AdE 72 / E / 2016 e la risposta all'interpellanza n. 956-39 / 2018 del Reg. Lombardia. Direzione - differiva e notava che le attività virtuali, ai fini fiscali, sarebbero adattate e assimilate a valute estere.
E inoltre, secondo l'Agenzia delle Entrate, l'utente privato che guadagna plusvalenze (profitti) sulle sue cripto vendite dovrebbe pagare le tasse come "redditi diversi" a due condizioni:
· Se sono il risultato di contratti a tempo determinato;
· Sono stati trattenuti sul loro conto per oltre 7 giorni (una settimana) per un valore medio superiore a € 51.645.
Quindi, per quanto riguarda gli obblighi di dichiarare fondi esteri (oltremare) nel framework RW, è anche un grosso problema: i "portafogli" non sono account esistenti. Non esiste un custode di fondi stabiliti in un paese specifico nel mondo.
Generalmente, il peso di tutte queste particolari incertezze è posto sulle spalle del contribuente e i professionisti che sono chiamati a fornire assistenza fiscale. Nel frattempo, l'Italia prevede di utilizzare la tecnologia blockchain per combattere l'evasione fiscale nel paese.
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https://coinidol.com/taxation-side-bitcoin/
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